Un mondo senza editori

Brevi considerazioni.

“Esiste un nuovo sistema di copyright che si chiama Creative Commons e che riserva solo “alcuni” diritti, non tutti, by-passando gli intermediari e mettendo in contatto direttamente gli autori con il loro pubblico. Lo conosce?”

«No, ma ammetto che il controllo con Internet è scappato di mano e alla fonte qualcuno deve fare “mea culpa”».

Questa non l’ho capita. La colpa è di chi consente l’uso delle CC o di chi non mette in galera chi copia illegalmente? O è un’affermazione che indica il desiderio di controllare la circolazione delle informazioni su internet? Nel qual caso, non capisco perché internet debba essere più
reale di una realtà in cui il controllo c’è ma non così capillare, per ovvi motivi tecnici più che etici.

“Poi i produttori di masterizzatori, che mettono in commercio i sistemi per copiare la musica. Così facendo la distruggono, presto non ci sarà più niente da masterizzare”

Pensavo che questa litania si estinguesse con l’estinzione delle cassette audio. Peggio dei festival nazional popolari: sempre la solita musica.

“Io invece penso che l’open source sia il sistema migliore per precipitare nella barbarie. Certe cose vengono fatte perchè esiste un’industria che le produce e investe senza un ritorno economico. Senza un editore, Hemingway non sarebbe stato scoperto”

Per prima cosa, iniziamo a mettere i puntini sulle i.

  1. Innanzitutto, l’autore più ispirato nell’universo spazio/tempo a noi noto, ovvero Dio, si è cercato un ghost writer e non un editore per scrivere il nucleo fondante del maggior bestseller conosciuto dall’uomo, ovvero l’Antico Testamento della Bibbia.
  2. Per il sequel, il Nuovo Testamento, sempre Dio, non ha cercato una Major ma ha fatto un casting privato per scegliere il protagonista da mettere in scena, Cristo.
  3. L’Open Source cambia la prospettiva di ritorno economico dal prodotto al servizio. Non pago il prodotto ma posso investire nel servizio che mi consente di modificare ciò che ho acquisito, per renderlo più aderente alle mie esigenze. E, solitamente, l’autore del prodotto o l’azienda che
    ne promuove lo sviluppo, diviene anche il fornitore di servizi per elezione.
  4. Forse Hemingway non sarebbe stato scoperto, di sicuro avremmo evitato molta immondizia sugli scaffali. Magari, la butto li, un’editoria che investa meno in prodotti spazzatura, quella editoriale in primis, avrebbe meno fame di soldi. Forse.

Per quanto riguarda l’affermazione di Masera:

“Oliviero Toscani dice che il copyright andrebbe abolito, che basterebbe farsi pagare bene la prima volta e poi la cultura va regalata al pubblico.”

faccio un esempio pratico che mi riguarda da vicino e che penso possa costituire un discreto compromesso.

Spesso scrivo per riviste, informatiche, articoli tecnici del tipo “Come installare questo servizio”, “Come configurare questo server” e via discorrendo. Ultimamente decido di farmi un sito internet personale, giusto per metterci le mie “cose”. Ricordo di avere sul disco rigido un vecchio articolo in due parti riguardante il protocollo WebDAV e la sua implementazione. Ok, ne ho scritti molti di più, ma essendo distratto per natura, dopo un po’ perdo i sorgenti dei testi…Mando un’email alla
rivista che li ha pubblicati (Login – Infomedia) un paio di anni fa e chiedo l’autorizzazione a pubblicarli sul mio sito.

La rivista mi da il consenso, chiedendo solamente di mettere una nota in cui faccio presente che sono stati pubblicati da Infomedia.

Ovviamente, i diritti d’autore rimangono alla rivista, quindi non può ripubblicare, ma chiunque, senza spendere una lira, può accedere al mio sito e leggersi le due parti e utilizzare il pezzo per installare un servizio WebDAV sul proprio server Apache.

Come dice un vecchio adagio, provare per credere:

WebDAV Teoria

WebDAV Pratica

Esistono, poi, anche casi quali la rivista OpenSource inter.net, che permette di consultare liberamente alcuni articoli dei
numeri arretrati

Il che è sufficiente per un fair use personale. O no?

“So benissimo che chi compra i dischi ha la mia età”

Ahem…giuro che io i cd delle boy band non li acquisto e nemmeno li voglio sentire.

Ora, se questi cd non hanno come target medio i quarantenni e le boy band, o comunque gli idoli di una o due stagioni, fanno soldi a palate, chi acquista le loro opere? Buttiamola li…saranno forse gli adolescenti a paghetta o i giovani con il loro stipendio da neo assunti?

“Finchè le leggi sono queste, l’illegalità è sbagliata”

Questa è una cantonata a livello gnoseologico. L’illegalità, per definizione, non è sbagliata. E “solo” al di fuori delle convenzioni stabilite per legge.

Al massimo è illegale ed è punibile, ovviamente. Però, un altro vecchio detto dice che la storia viene scritta dai vincitori, così come la legalità, aggiungerei io.

E’ illegale copiare un cd. D’accordo. Non va fatto.

Ma è legale chiedere 20-30 euro per cd di gruppi che hanno pubblicato 20-30 anni fa?

Si, ovviamente, “Finchè le leggi sono queste”.

Cosa è il Software Libero

Vi siete mai chiesti cosa significa Software Libero?

Si potrebbe dire

E’ un programma che non si paga

e potremmo finirla qui.
Ma non è così. Lasciamo perdere le infinite querelle sul reale TCO (Total Cost of Ownership) di un programma commerciale, closed source e un’applicazione libera: di solito è più semplice installare e manutenere un programma commerciale e questo aiuta a contenere i costi, ma se avete un buon sistemista Unix, il TCO delle applicazioni libere si abbatte drasticamente.
Adottare un software libero, o scrivere del software libero vuol dire consentire a chiunque di apprendere dai nostri progetti, aggiungervi le proprie idee, condividere il proprio lavoro, lasciando che questo prenda nuova vita nelle mani di altri e ritorni, un giorno, a noi diverso, si spera migliore.
Il software libero ha anche creato un nuovo mito, quello della programmazione in stile bazaar, opposto a quello delle applicazioni commerciali, definite in stile cattedrale: mentre nel primo caso più persone da diverse parti del mondo collaborano a uno stesso progetto, con solo un minimo di coordinamento, nel secondo caso vi è una gerarchizzazione di strutture, per cui troviamo programmatori, project manager, project leader, etc…ovvero vi è una catena decisionale che fa capo a referenti precisi (vedi Eric Raymond, La Cattedrale e il bazaar, 1997, versione italiana, versione originale).
A dire il vero, il mito del bazaar, per quanto romantico e affascinante, ha da tempo subito delle critiche: per dirla in parole povere, è difficile pensare che un gruppo di persone lavori su un programma senza che vi sia qualcuno che dia le linee di sviluppo, le idee guida, che abbia la visione del risultato finale. Forse può accadere per piccoli gruppi, su progetti non molto articolati, ma su applicazioni di qualità paragonabile ai software commerciali, se proprio non esiste una cattedrale, almeno un piccolo santuario è necessario che vi sia; figure di riferimento, persone in grado di raccogliere idee e umori e reindirizzarli, incanalarli all’interno del progetto.
Questo autunno, un amico mi chiese di scrivere una breve introduzione al suo libro sull’Open Source, Il software Open Source e gli standard aperti, McGraw-Hill, di Michele Sciabarra, nella quale ho provato a spiegare, in poche parole cosa pu? significare per noi il Software Libero, pensare di creare in modo diverso.

Infine…quali sono le linee guida del Software Libero? Un elenco preciso di requisiti lo possiamo trovare nel contratto sociale della distribuzione Linux Debian, la cui caratteristica saliente ? quella di essere costituita solamente da software libero.