Mi faccio quella tipa li, proprio quella li!

Ebbene si.

Quando l’ho vista li, seduta in disparte, immobile nella sua innaturale timidezza, mi sono fermato a osservarla. Un mesto golfino rosa, una gonna finanche scialba, ma con quello sguardo orientale che tiene lontani i tuoi pensieri, impenetrabili, quasi freddi. Lo so, queste cose miste non funzionano bene, troppa differenze e pochi punti in comuni rendono una semplice amicizia un’esperienza da conquistare con la tenacia di ogni giorno.

Posso invitarla a ballare, signorina?

Però lei è li, con quella ritrosia tipica della sua gente, qualche gesto misurato, non si alza mai dalla sua sedia, non parla e quando cerco un contatto fisico risponde timidamente, impacciata, quasi spaventata.

E come resistere a tanta dolce mitezza? Noi occidentali, in fondo, non ci siamo mai abituati alla rivoluzione sessuale, a quel grande, troppo grande, stravolgimento sociale che ha messo i pantaloni alle donne, le ha rese uguali nei diritti e nei doveri agli uomini, strappandoci così dal centro dell’universo, relegandoci alla polvere del qualunque, dello scontato, paria tra i pari, pallide immagini della grandezza che risplendeva in noi quando eravamo padri, mariti, uomini indiscussi.

Si, lo so, tutta colpa di San Gregorio e di quel dannato sinodo provinciale di Macon del nel 585 in il futuro vescovo di Tours, ebbe la brillante idea di rispondere a una disputa filologica attorno all’interpretazione del termine homo, estendendo quest’ultimo a sinonimo di genere umano, compendendo uomi e, orrore, donne.

Si, lo so, i mali vengono sempre da lontano, si radicano nei secoli come un’edera avvinghiata al sole di una parete, minandone alla fine la solidità.

Però io ho trovato LEI! Mite, gentile, timida e riservata, non parla quando non deve. Non pensa, non è strettamente necessario, vi pare? Docile e gentile, bella e disponibile, muta e priva di quelle convoluzioni psicotiche che ingorgano la mente femminile. Cosa volere di più dalla vita?

E lei cosa ne dice, mia cara?

Beh, intanto se sostituissero il silicone con della vera pelle non sarebbe male. Magari anche dei capelli naturali non sarebbero una brutta idea. Se poi sostituissero i motori ad aria compressa con polmoni e un cuore vivo, ne sarei contento. Infine, per favore, fatela alzare in piedi, non è bello che stia seduta tutto il giorno.

Uno si chiederà, cosa pretendi da un androide? Beh, qualcosina in più. A detta del suo creatore, il professore Hiroshi Ishiguro della Università di Osaka questo bel tocco di fanciulla può essere scambiata per un vero essere umano per 5, anche 10 secondi, scegliendo bene le circostanze dell’incontro. Però, Repliee Q1, questo il suo nome, è a un passo dall’essere la donna perfetta: manca di tutto ciò che costituisce un difetto e nel contempo eccelle in ciò che noi uomini consideriamo dei pregi.

Va…bene…le…manca…qualcosa…ahem…ok…è…poco…reattiva…

…però…insomma..dai…

In cinque secondi ci si può fare di tutto. C’è chi rivive tutta la propria esistenza, chi costruisce un sogno e ci si culla in un’eternità che scivola come una goccia di rugiada. Per cinque secondi lei è li! E’ viva, ci guarda, ammicca, sorride, risponde al nostro tocco, morbida e profumata.

Che dopo dieci secondi il profumo diventi quello del silicone, che i movimenti non siano più così naturali, che non spiccichi un fonema uno, beh, i sogni sono come le lucciole, svaniscono all’alba, ma per tutta la notte ti fanno giocare, che duri cinque secondi o un’eternità.

E poi, volete mettere farsi una tipa così? Non ti piacciono i capelli? Cambi la parrucca, non ti piacciono gli occhi, li cambi, non ti piacciono le te…che si fa, si svitano? Più che farsela è un’opera di bricolage, splendida, di grande soddisfazione, ma sempre di bricolage si parla.

La prima immagine del web

Dalle rimembranze di Silvano de Gennaro, apprendiamo che nel 1992 Tim Berners-Lee gli chiese alcune foto delle “the CERN girls”, gruppo musicale che si era appena esibito al CERN Hardronic Festival.
Per farne cosa? Ma per pubblicarle sul sistema informativo che Tim aveva appena inventato: il World Wide Web!

La prima immagine sul web

De Gennaro ricorda che ai tempi aveva solo una vaga idea di cosa fosse il www, ma scansionò alcune fotografie con il suo Mac e le caricò sul sito ftp di Tim, info.cern.ch.

Ed è proprio da quelle che viene presa la prima immagine pubblicata sul web!

P.S.

Se proprio ci tenete a sapere chi sono le “Les Horribles Cernettes”, seguite questo link.

Se le linee aeree funzionassero come i sistemi operativi…

UNIX Airways

Ogni passeggero porta con sé un pezzo dell’aereo fino all’aeroporto. Tutti insieme vanno sulla pista di decollo e mettono insieme l’aereo pezzo per pezzo, litigando senza posa su quale tipo di aereo.

Air DOS

Tutti spingono l’aereo fino a quando prende il volo, poi ci salgono sopra e lo lasciano planare fino a quando tocca terra. Poi, lo spingono di nuovo, ci salgono sopra e così via…

Mac Airlines

Tutti, dagli steward ai capitani, dai facchini ai bigliettai hanno lo stesso aspetto e reagiscono alla stessa maniera. Ogni volta che ponete una domanda per avere maggiori dettagli vi viene risposto con gentilezza, ma fermamente, che c’è bisogno che li conosciate, che non li volete conoscere e che ogni cosa verrà fatta per voi senza che dobbiate nemmeno saperlo, basta che chiudiate il becco.

Windows Air

Il terminal è carino e colorato, gli steward sono gentili, il controllo dei bagagli e l’imbarco non danno problemi, il decollo va sul velluto. Dopo 10 minuti che siete in mezzo alle nuvole, l’aereo esplode senza il benché minimo preavviso.

Windows NT Air

Tale e quale Windows Air, solo costa di più, utilizza aerei più grandi e quando esplode tira giù qualsiasi aereo ne raggio di 50 Km.

Linux Air

Gli impiegati scontenti di tutte le altre line aeree, decidono di lanciare la propria linea: si costruiscono gli aerei, i banconi della biglietteria e pavimentano anche le piste di rullaggio. Vi chiedono un piccolo contributo per le spese di stampa del biglietto, che però potete anche scaricare da internet e stampare voi stessi.
All’imbarco vi viene dato un sedile, quattro bulloni, una chiave inglese e una copia del Sedile-HOWTO.html. Una volta fissato, l’iper configurabile sedile si rivela davvero confortevole e l’aereo decolla arrivando a destinazione senza il minimo problema. E anche il pranzo a bordo è stato favoloso.
A questo punto, decidete di raccontare il vostro stupendo viaggio ai clienti delle altre linee aeree, ma tutto quello che sanno rispondervi è un laconico “Cosa vi hanno fatto fare con i sedili????”

Liberamente tradotto dalla Linux Gazette n. 45.

Mac a dimensioni scontate

Un milione di anni fa…o forse due, c’era un computer che faceva strabuzzare gli occhi.

Bello e impossibile.

Bello, di un’interfaccia minimale ed elegante. Bello di una facilità d’uso ineguagliata. Impossibile, a un costo al di fuori della portata dei più.

Old Mac screenshot

Beh, si, insomma, ci siamo capiti. E’ il Mac, troppo bello per essere alla portata di tutti.

E, infatti, noi tutti ci siamo sorbiti il mondo pc. Sistemi operativi instabili e imbizzarriti, interfacce approssimative, compatibilità aleatoria, in ginocchio di fronte ai driver forniti dai produttori.

Insomma, il dilemma può essere riassunto in questo modo:

Computer semplice da usare -> Bello a vedersi -> Hardware e sistema operativo prodotti dalla stessa azienda -> Prezzi decisamente alti – Mac

Computer difficile da utilizzare -> Un po’ pacchiano -> Hardware prodotto da chiunque, sistema operativo pure -> Prezzi bassi – PC

In effetti, il Mac è un sinolo fra materia, hardware, e forma, sistema operativo. Quando si parla di Mac, la maggior parte delle volte si intende un pezzo di metallo e silicio costruito in simbiosi con un sistema operativo che ne conosce i più reconditi meandri. Non c’è bisogno di cercare driver di terze parti, tutto è fatto da Apple e preinstallato prima di consegnare il prodotto all’utente. Non c’è problema di incompatibilità tra periferiche, sono tutte fornite dallo stesso produttore. Non c’è pericolo che un programma non funzioni, o funzioni lentamente sulla piattaforma consigliata. Quella è e quella rimane.

Con i PC il discorso cambia. E’ figlio del liberalismo selvaggio: una scheda la faccio io, una periferica tu, io sto in Cambogia, tu stai a Berlino, il driver lo metto qui e tu non lo trovi li. Il sistema operativo è Windows, in una delle mille versioni, oppure Linux, oppure chissà che cosa e per ogni sistema e ogni versione, ogni produttore di periferiche dovrà fornire l’apposito driver, ogni volta lo stesso, diverso per ognuno. E, se anche riusciste ad avere tutto, una volta assemblato il metallo, non è detto che questi non inizi a stridere: la scheda audio va in conflitto con gli interrupt usati da quella video, gli irq di vattelapesca sono gi? utilizzati dal mouse, oppure la scheda di rete inchioda il modem. Insomma, liberi e belli, nell’agone selvaggio del liberalismo post moderno. Però paghiamo di meno, il resto ce lo mettiamo in nervi, salute e periferiche incompatibili cestinate.

Non che un prodotto monolitico sia in assoluto meglio: paghiamo di più e abbiamo meno voce in capitolo, siamo costretti a prendere col sorriso fra le labbra tutto quello che il produttore ci propala, bello o brutto che sia.

Ora, Apple ha deciso di sedurre i più, gli snervati del mondo pc, che vorrebbero qualcosa di carino sulle scrivanie e di poco problematico.

Apple Mac Mini frontale

La trovata, devo ammetterlo, non è male. 499 euro, e qualcuno mi spieghi perché Apple continua ad adottare un cambio 1:1 fra dollaro ed euro, per avere un bel computer e anche poco ingombrante con i suoi 16,51 cm di base per 5,08 di altezza.

Apple Mac Mini mani

Bello?

Bello a vedersi, sicuramente, “stiloso” come direbbe qualcuno, nella prospettiva trendy che accomuna tutti i prodotti Apple.

Bello come sistema operativo Mac OS X, un bel derivato BSD Unix-like.

Apple Mac Mini retro

Bello con il suo processore non proprio nuovo fiammante e la scheda grafica non proprio potente.

Apple Mini motherboard upfront

Però, l’idea non è male. Nella scatola trovate un adattatore VGA per potere usare il monitor che avete già in casa, senza dovere acquistare uno schermo Apple, mentre per mouse e tastiera potete recuperare quelli che avete, basta che siano usb.
Infine, vi ritrovate con la suite iLife, che comprende un lettore DVD, un programma per gestire le vostre foto, un’applicazione per creare video, un’altra per giocare a scrivere e registrare musica e, infine iTunes. Insomma, ce n’è da divertirsi.

Se, intanto, volete andare a vedere come qualche puntiglioso tedesco ha dissezionato, giocandosi la garanzia, il Mac mini, potete dare un’occhiata al sito Macnews.de

Apple Mini motherboard downfront

Il modello base, quello da 499 $, per intenderci, è equipaggiato con un hardware minimale:

    Modello: M9686*/A
    Processore: PowerPC G4 a 1,25GHz
    Memoria: 256MB di SRAM DDR PC2700 (333MHz), supporta fino a 1GB
    Grafica: ATI Radeon 9200 con 32MB di SDRAM DDR e supporto AGP 4X
    Disco rigido: 1 Ultra ATA da 40GB1
    Unit? ottica: Unit? Combo (DVD-ROM/CD-RW) con caricatore automatico
    Porte: Una porta FireWire 400; due porte USB 2.0; uscita DVI; uscita VGA (adattatore incluso)
    Connessione in rete: Ethernet 10/100BASE-T e modem v.92 a 56K integrati Wireless AirPort Extreme opzionale (conforme alle specifiche 802.11g; certificata Wi-Fi IEEE 802.11b); modulo Bluetooth disponibile come opzione BTO
    Audio: Uscita cuffie/audio
    Software di sistema: Mac OS X versione 10.3 Panther, include ambiente Classic, Mail, iChat AV, Safari, Sherlock, Rubrica Indirizzi, QuickTime, iSync, iCal Software iLife ?05 (include iTunes, iPhoto, iMovie, iDVD e GarageBand), AppleWorks, Nanosaur 2, Marble Blast Gold e Apple Hardware Test

Dalle prime recensioni online, pare che il modello base, con solo 256 Mb di ram, sia afflitto da un disco rigido alquanto lento. Il che, tradotto in parole povere, da origine alle seguenti equazione equivalenze:

Poca RAM = Molto uso della memoria virtuale, quindi molta scrittura sul file di swap.

Molta scrittura su file di swap + disco lento = Sistema lento, specialmente con qualche applicazione in più aperta.

Ok, insomma, bello, divertente e multimediale. Ma non proprio un scheggia.

Come utente pc adorerei passare un po’ di tempo con una scatola proprietaria che fa tanti suoni e tante belle immagini.

Ok, ora esco e vado a comperare una Xbox. Costa meno e rende di più.

Vacanze romane

Roma, sole cocente.

Sono in giro con la mia macchinuzza e il cuginetto, che come al solito ha preso appuntamenti a orari impossibili con frequenze improbabili.

Veniamo dalla provincia di Benevento, con una Bravo 1200. Ora, o partiamo alle 6 del mattino, o alle 9:30 non saremo mai in un posto sperduto alla periferia di Roma, luogo di cui non conosciamo le coordinate e le vie di accesso. Ma lui, imperterrito, continua a fissare appuntamenti che non possono essere mantenuti.

Siamo all’appuntamento. Giusto 1 ora e mezza di ritardo, nulla di pi?lefona la persona con la quale abbiamo il secondo appuntamento. Ovviamente, siamo gi?n ritardo anche su questo.

“Ok, va bene, facciamo per le due!”, esclama inveterato il cugino.

“…no…ma che dici, digli che arriviamo alle 14:30: è l’una e non ci siamo ancora accommiatati dai nostri interlocutori. Fai le due e mezza, non sappiamo nemmeno dove ci troviamo ora e nessuno di noi due conosce Roma. Prendi tempo…”, suggerisco io.

“No, no. Alle 15 ha un altro appuntamento e dobbiamo prima parlare di alcune cose”.

Ore 13:30.

Siamo sulla Tangenziale Est, io di Est conoscevo solo la tangenziale di Milano, ero convinto che a Roma esistesse solo il Grande Raccordo Anulare.

Pieno di benzina.

“Si va di qua per il Grande Raccordo Anulare”, esclama impaziente il cugino.

“E da cosa l’arguisci, visto che non ci sono cartelli che indichino una tale evenienza?”, ribatto io.

“Me lo ricordo dall’altra volta, quando ci eravamo persi sulla tangenziale Est”.

Bene, ricordavo il posto, non ricordavo si chiamasse tangenziale Est. Andiamo bene…

Proseguiamo sulla tangenziale, fra le proteste del cugino.

Squilla il telefono, è il cliente che abbiamo lasciato da poco.

“Prendi tu la telefonata, io sto mangiando un panino”, dice il parente.

“Ma se ci stai trattando tu con questa persona! E poi sto guidando”, rispondo io.

“Sto mangiando!”

Prendo il telefono, giusto in tempo per vedere una enorme insegna che indica l’uscita per il Grande Raccordo Anulare. Ovviamente, con una mano sul volante e l’interlocutore nell’orecchio, glisso l’uscita.

Proprio non ci riesco a lanciarmi in uno slalom nel traffico romano, parlare con un cliente e tenere a bada le lamentele del cugino.

Il cugino sbraita.

Ah! ricordo che questo posto, a detta del parente, si trova all’EUR.

Taglio per le vie del centro, direzione EUR. Il cugino ringhia inferocito “Torna sul Grande Raccordo Anulare”.

Fa caldo, ma perché non si calma un po?

A un certo punto, iniziamo a vedere stupende costruzioni romane, ruderi e monumenti che sanno di antico.

“Che bello!”, esclamo io.

“Ma ndo cazzo siamo finiti! Siamo nel centro storico!”, ribatte lui

Cerco di minimizzare e cerco una via di uscita verso l’EUR.

A un certo punto si staglia di fronte a noi un’arena…

“Cazzo, mi hai portato al Colosseo!”, inveisce il cugino.

Tattica evasiva, minimizzare l’accaduto…

“Ma no, figurati. E’ un’arena qualunque. Roma è piena di arene!”

Giro, mi trovo in piena zona a traffico limitato, davanti al colosseo, insieme ai taxi, dietro agli autobus, di fronte ai carabinieri, accanto ai cavalli!

In sequenza sfilano:

Altare della pace
Ara coeli
Colosseo
Ruderi non identificati
Viale dei fori imperiali
Conventi e convitti

Insomma, una debacle totale del mio senso dell’orientamento. Pi?to di uscire, pi?si parano di fronte pezzi di storia dell’impero!

Per tenere tranquillo il cugino, gli do retta e giro per le strade che mi indica.

Sfrecciamo di fronte a:

Palazzi dell’INA
Sede BNL
Sede UniCredit

Poi, piano piano, arriviamo al Grande Raccordo Anulare, quasi vicini alla nostra meta. Poche uscite e siamo arrivati dal cliente.

Ore 14:33

Incontriamo il cliente.

“Errico, lo sapevo che di te non mi dovevo fidare. Sei in ritado di mezz’ora”, dice il cliente

Errico mi guarda male…

“Te l’avevo detto io di dire alle 14:30”, rispondo candidamente io.

E aggiungo, perfido…

“Se avessi detto alle 14:30, avremmo ritardato solo di 3 minuti. E nel traffico di Roma è comprensibile”.

Italiano approssimativo compreso, giusto per farlo incavolare un poco di più.

Au revoir!