L’intellettuale che non c’è

Leggo sul Domenicale del Sole di questa domenica un estratto dal discorso tenuto da Habermas in occasione del conferimento del premio “Bruno Kreisky” il 10 Aprile scorso.

Il problema affrontato da Habermas è semplice nella sua evidente quotidianità: qual’è il ruolo dell’intellettuale in un epoca post televisiva, in cui l’accesso alle informazioni e al ruolo di formatore delle opinioni non è più esclusiva di una opinione pubblica che in passato si faceva interprete degli umori e delle preoccupazioni diffuse, concentrandole, veicolandole, filtrandole ai piani alti della società?

La domanda è semplice, la risposta non lo è, i presupposti ancor di meno.

Innanzitutto, cosa è un intellettuale? E’ un po’ come chiedersi quale sia il sesso degli angeli e chi ha una risposta pronta, si faccia avanti per essere sbeffeggiato.

Il pensiero di Habermas è sottile, tenue, di una debolezza che si insinua nella memoria e nel rimpianto di una figura adombrata ma in nessun momento tratteggiata, palesata allo sguardo dell’interlocutore.

Habermas ci lascia intendere cosa non è un intellettuale: non è una ballerina, un nano o un saltimbanco. Rifugge la notorietà per cullarsi nel credito dei propri consimili. Appare, a volte, sui palcoscenici per prevenire, per immunizzare, per vaticinare un futuro in fieri di cui pochi sanno vedere le radici nel presente.

Ma Habermas ci dice anche “chi” non è un intellettuale: non è un politico che della ribalta usa l’appeal mediatico per discutere di argomenti inutili. Non è il giornalista che parla del quotidiano, dal quale, in una rêverie ottocentesca, l’intellettuale pare dover rifuggire.

Ci dice, invece, come deve parlare, pensare e comportarsi l’intellettuale, come se fosse sempre rivolto ai par suoi, parlando si, di fronte al pubblico, ma dialogando in realtà con chi abbia gli strumenti sufficienti a decodificare il suo discorso, a soppesarlo, a sovvertirlo all’occorrenza.

Vita dura per l’intellettuale di Habermas, nato da un sogno di una notte di mezz’estate di due secoli fa, ma costretto a vivere in un mondo in cui il pubblico è spettatore e non complice o avversario, in cui si parla di fronte a qualcuno che già si sa non risponderà o, meglio, non sarà in grado di farlo.

Ma se sono cambiati i tempi, anche i sogni hanno preso altre forme e con quei politici dalla cui insostenibile leggerezza gli intellettuali dovrebbero rifuggire, beh, con quei politici e con la società da un pezzo ci si è sporcati le mani, quasi che ci si fosse dimenticati delle avanguardie? Cose dei nostri nonni, forse, ma incubi che da un remoto passato scuotono ancora i sogni dell’intellettuale.

Che, forse, l’intellettuale può fare a meno dell’agone politico o dell’area mediatica?

In tempi post industriali e, ormai, post tecnologici, in cui spariti i padroni, le aziende si frammentano in mille poteri decisionali, tutti stupendamente pagati, tutti sommariamente sottratti alla prova del successo, non si sa davvero dove mettere le mani.

L’archetipo del potere pare sfuggire anche alla politica, per rintanarsi nella figura del tecnocrate, ora quello finanziario, prima quello tecnologico, a ritroso quello industriale.

Le decisioni dove vengono prese, c’è da chiedersi? Ed è li che si ritrova l’intellettuale, nella sua narcisistica pretesa di contare, orientare, filtrare, ammannire.

Che poi ci riesca, questo è un altro discorso, del tutto ininfluente di fronte al tragico narcisismo intellettuale. Quello che conta è l’archetipo utopico, l’idea irrealizzabile di sintetizzare il reale in uno sforzo che è allo stesso riassuntivo del presente e creativo del futuro.

E’ l’ultimo gesto eroico dell’intelletuale, che nel tentativo può anche rimanere annientato, ma dona nel contempo un senso al proprio essere intellettuale ovunque, sulla ribalta televisiva, politica, tra nani e ballerini, tra banche e barche a vela.

Già, ma cosa è intellettuale?

Blog gang sign

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Come ogni ganga che si rispetti, anche quella che ruota attorno ai blog dovrebbe avere qualche segno distintivo. Che dire? Potrebbe blo9 p1zz4 potrebbe essere l’occasione buona per una gara a chi articola in maniera più strana le proprie falangi.

GNUvox: la voce del software libero

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Ecco GNUvox, il punto di riferimento per il software libero nel panorama dell’informazione. Free Software Foundation Europe aveva bisogno di comunicare le molteplici tematiche tecniche, operative e socio/politiche che la impegnano. E siamo qui, pronti a farlo.

L’attività di GNUvox ruoterà intorno al sito/blog gnuvox.info pubblicato con CommunicaGroup dell’editore Ajroldi. La linea editoriale è basata sull’individuazione di alcuni settori cruciali che verranno coperti dalla redazione e dai vari collaboratori attraverso una serie di spazi/categorie specifici: dall’attualità alle rassegne stampa/web, dalle interviste ai dossier, dalle recensioni alle traduzioni.

Ci rivolgeremo ad un pubblico ampio e variegato perché GNUvox vuole essere uno spazio che si allarga per spiegare al meglio l’importanza del software libero per tutti noi, come ribadisce il nostro slogan: “Software libero, società libera”. La sfida sarà trovare un nuovo linguaggio per allargare la comunità del software libero, senza abbandonare la precisione che da sempre caratterizza le FSF. Ma siamo fiduciosi perché abbiamo una squadra di persone esperte, che contiamo di affiancare con i contributi di chiunque vorrà coinvolgersi.

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blo9 p1zz4

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Cosa: blo9 p1zz4
Quando: 2006. Aprile. Uno. Sera.
Dove: Un punto A sul segmento Ge – Mi, da definire.
Chi: Noi e voi.
Dettagli: jtheo

Tutti gli squilibrati, Borg compresi, sono invitati.

…resistence is futile…