1:02:03 04/05/06

Se, per caso, siete abituati a contare il tempo all’americana, ovvero invertendo l’ordine giorno/mese in mese/giorno, sappiate che domani, 2 minuti e 3 secondi dopo l’1 del mattino, la data, in formato esteso, sarà:
[Via Ektopia]
Se, per caso, siete abituati a contare il tempo all’americana, ovvero invertendo l’ordine giorno/mese in mese/giorno, sappiate che domani, 2 minuti e 3 secondi dopo l’1 del mattino, la data, in formato esteso, sarà:
[Via Ektopia]
Non ci sono tutti in questa foto, ma la tengo come immagine della serata, piacevole, sorridente, caratterizzata da lunghi discorsi, rimbalzati fra gli argomenti più disparati.
Sicuramente, ho parlato più di quanto avrei desiderato ascoltare e non ho avuto modo, ma questa è una mia colpa, di chiacchierare con tutti.
Con mio grande piacere, si è rivelata una serata interessante, stimolante e divertente, realmente oltre le mie aspettative.
Non mi rimane che ringraziare tutti con un a rivederci a presto.
De fotoss
De manual aggreghetor
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Ogni tanto, dal lontano Mozambico, Giancarlo manda qualche messaggio in bottiglia alla mailing list del progetto faber, raccontandoci cosa succede da quelle parti. Giancarlo vi lavora in condizioni quanto meno singolari, cooperando in queste terre dagli spazi infiniti e, come ci dice nella sua ultima email:
Ehmm! Un saluto a tutti e mi scuso per il ritardo, ero un poco “fuori
mano” 🙂…
Sono arrivato ieri da un “tour” di lavoro in quel della provincia del
Niassa e sono stato praticamente “tagliato” fuori per venti giorni da
qualsiasi linea telefonica 🙂
Non che lo spazio sia l’unica frontiera dell’animo umano. In Mozambico, per un occidentale, anche un semplice raffreddore assume un volto del tutto differente
> Come sta andando da quelle parti?
Bene nonostante la recente malaria 🙂 ma qui e’ come i raffreddore 🙂
Giancarlo si impegna, non c’è che dire e in questo mio vecchio post che trattava di alcuni miei dubbi sulla validità dell’idea di fondo legata al laptop da 100 dollari, riportavo alcune frasi prese da una delle sue email e che danno bene l’idea di come cambi il mondo se semplicemente scaliamo di latitudine.
Tempo fa, Giancarlo manda un’email a dir poco curiosa per chi è appassionato di wireless, telefonia o gadget tecnologici.
A quanto pare, a Nampula, i telefoni fissi hanno le antenne…
[faber] Wireless 100MBy a Beira Mozambico?
Da:
Genki Pegoraro
A:
faber@lists.linux.it
Data:
17:20, 2006-02-27
Ciao a tutti dal Mozambico 🙂
In questi giorni, qui a Nampula, ho visto parecchi telefoni fissi con “antennina” e mi sono chiesto cos’erano 🙂
La risposta mi e’ venuta da un’amico che anch’esso ha uno di questi apparecchi 🙂
Telefono “wireless”. Sembra che il gestore di telefonia fissa abbia attivato o sta attivando questo servizio specialmente nei luoghi dove la linea telefonica “normale” non esiste.
Da una mia ricerca sembra che questo servizio sia attivo anche in Beira accoppiato alle fibre ottiche delle quali questa citta’ ne e’ dotata 🙂
Al momento, qui in Nampula, non e’ previsto un collegamento ad internet gestito dalla stessa azienda ma, in quel di “Vilanculo” (Bella Cittadina di mare 🙂 a sud di Beira, piu’ o meno a meta’ strada tra questa e la capitale Maputo) viene fornito anche il servizio internet a 100MBy dalla stessa azienda. Questo lo so perche’ i Padri della Consolata per i quali lavoro, hanno di recente attivato questo tipo di collegamento (ho visto la porta “dati” sul telefono con “l’antennina” ma non sono riuscito a
capire di tipo di e’:-(
Sarebbe interessante avere notizie maggiori su questo tipo di servizio e se e’ presente a Beira. Se il servizio funziona anche a Beira, penso che sarebbe una bella notizia per il progetto, o no? 🙂
Io sto “annaspando” a 2-3Kb/s 🙁Ciao Genki ):o))
Leggo sul Domenicale del Sole di questa domenica un estratto dal discorso tenuto da Habermas in occasione del conferimento del premio “Bruno Kreisky” il 10 Aprile scorso.
Il problema affrontato da Habermas è semplice nella sua evidente quotidianità: qual’è il ruolo dell’intellettuale in un epoca post televisiva, in cui l’accesso alle informazioni e al ruolo di formatore delle opinioni non è più esclusiva di una opinione pubblica che in passato si faceva interprete degli umori e delle preoccupazioni diffuse, concentrandole, veicolandole, filtrandole ai piani alti della società?
La domanda è semplice, la risposta non lo è, i presupposti ancor di meno.
Innanzitutto, cosa è un intellettuale? E’ un po’ come chiedersi quale sia il sesso degli angeli e chi ha una risposta pronta, si faccia avanti per essere sbeffeggiato.
Il pensiero di Habermas è sottile, tenue, di una debolezza che si insinua nella memoria e nel rimpianto di una figura adombrata ma in nessun momento tratteggiata, palesata allo sguardo dell’interlocutore.
Habermas ci lascia intendere cosa non è un intellettuale: non è una ballerina, un nano o un saltimbanco. Rifugge la notorietà per cullarsi nel credito dei propri consimili. Appare, a volte, sui palcoscenici per prevenire, per immunizzare, per vaticinare un futuro in fieri di cui pochi sanno vedere le radici nel presente.
Ma Habermas ci dice anche “chi” non è un intellettuale: non è un politico che della ribalta usa l’appeal mediatico per discutere di argomenti inutili. Non è il giornalista che parla del quotidiano, dal quale, in una rêverie ottocentesca, l’intellettuale pare dover rifuggire.
Ci dice, invece, come deve parlare, pensare e comportarsi l’intellettuale, come se fosse sempre rivolto ai par suoi, parlando si, di fronte al pubblico, ma dialogando in realtà con chi abbia gli strumenti sufficienti a decodificare il suo discorso, a soppesarlo, a sovvertirlo all’occorrenza.
Vita dura per l’intellettuale di Habermas, nato da un sogno di una notte di mezz’estate di due secoli fa, ma costretto a vivere in un mondo in cui il pubblico è spettatore e non complice o avversario, in cui si parla di fronte a qualcuno che già si sa non risponderà o, meglio, non sarà in grado di farlo.
Ma se sono cambiati i tempi, anche i sogni hanno preso altre forme e con quei politici dalla cui insostenibile leggerezza gli intellettuali dovrebbero rifuggire, beh, con quei politici e con la società da un pezzo ci si è sporcati le mani, quasi che ci si fosse dimenticati delle avanguardie? Cose dei nostri nonni, forse, ma incubi che da un remoto passato scuotono ancora i sogni dell’intellettuale.
Che, forse, l’intellettuale può fare a meno dell’agone politico o dell’area mediatica?
In tempi post industriali e, ormai, post tecnologici, in cui spariti i padroni, le aziende si frammentano in mille poteri decisionali, tutti stupendamente pagati, tutti sommariamente sottratti alla prova del successo, non si sa davvero dove mettere le mani.
L’archetipo del potere pare sfuggire anche alla politica, per rintanarsi nella figura del tecnocrate, ora quello finanziario, prima quello tecnologico, a ritroso quello industriale.
Le decisioni dove vengono prese, c’è da chiedersi? Ed è li che si ritrova l’intellettuale, nella sua narcisistica pretesa di contare, orientare, filtrare, ammannire.
Che poi ci riesca, questo è un altro discorso, del tutto ininfluente di fronte al tragico narcisismo intellettuale. Quello che conta è l’archetipo utopico, l’idea irrealizzabile di sintetizzare il reale in uno sforzo che è allo stesso riassuntivo del presente e creativo del futuro.
E’ l’ultimo gesto eroico dell’intelletuale, che nel tentativo può anche rimanere annientato, ma dona nel contempo un senso al proprio essere intellettuale ovunque, sulla ribalta televisiva, politica, tra nani e ballerini, tra banche e barche a vela.
Già, ma cosa è intellettuale?